K.C.
Era sdraiato nel suo letto scomodo, le lenzuola sudicie lo coprivano fino al petto nudo e sudato.
Teneva gli occhi chiusi e un braccio appoggiato sulla fronte calda, sentiva il peso di un silenzio insopportabile nella piccola stanza ma nella sua testa c’era in atto una guerra.
Idee, ricordi, pensieri, ragionamenti rotolavano di qua e di la come biglie in una ciotola troppo piccola, sbattendo contro la scatola cranica e provocandogli delle fitte alla testa.
La pancia gli faceva male, voleva mangiare qualcosa ma non ce la faceva a causa del dolore, doveva farsi, aveva bisogno dell’eroina.
Le gambe gli prudevano, le grattò lasciando segni rossi e facendo uscire un po’ di sangue dalle croste.
Sperava di morire, parlottava tra se e se, tremava come una foglia, aveva freddo ma sudava, sudava e soffriva come un cane.
Voleva addormentarsi e farla finita, niente più dolore, niente più gente che lo assillava, niente più domande, niente più spiegazioni, niente più noia, niente più follia, voleva andare lontano dal suo cervello che lo torturava, lo imprigionava, lo faceva impazzire ma non poteva.
Si alzò con molta fatica, trascinò le gambe magrissime fino al divano sbattendo contro i mobili, che cazzo ci fanno i mobili li? Chi li ha spostati?
Si lasciò cadere sulla superficie morbida ma leggermente ruvida e avvicinò il tavolino basso, prese una biro e il suo diario mezzo distrutto, ci scarabocchiò un feto, un feto morto, un feto che uccide la madre, un feto che soffoca con il cordone ombelicale.
“Non svenire, non svenire, non svenire” continuava a ripetersi cercando di controllare il respiro e i battuti del cuore troppo veloci.
Voglio morire.
lo scrisse velocemente su un angolo del foglio in modo quasi incomprensibile.
“BASTA BASTA BASTA, LASCIATEMI IN PACE, LASCIATEMI STARE” si portò le mani tra i capelli e li tirò, il suo viso fece una smorfia di rabbia, dolore, stanchezza, urlò, urlò e quasi pianse.
Soffriva, soffriva davvero troppo questo non è il suo posto, non starà mai bene qui e lo spaeva bene.