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Ci risiamo, un altro inutile viaggio.

Appoggiai la testa al finestrino dell'auto ammaccata e guardai fuori.

Il mondo mi sembrava tutto uguale. Nella testa risuonavano le parole di una canzone dei Queen. "Somebody to Love". Già, qualcuno da amare... Ma come si fa ad amare?

Gli alberi che fiancheggiavano la strada mi apparivano come delle macchie di colori che correvano a grande velocità. Sembravano tutti uguali, nessuno si sarebbe mai accorto di qualche pianta diversa dalle altre, perchè essa appariva come tutte quante: Insignificante. Ci stavamo dirigendo ad Aberdeen, l'idea mi disgustava. Non sopportavo le vacanze di famiglia, e che famiglia poi. Mio padre, che come al solito alle sette di mattina era già abbastanza "allegro", urlava contro il navigatore che ci aveva indirizzato nella direzione sbagliata, mia madre invece si era addormentata, o forse faceva finta di dormire per non dover ascoltare le urla inutili dell'uomo che aveva sposato e che un tempo amava così tanto...

Dopo diverse ore arrivammo ad Aberdeen, nella catapecchia orribile che un tempo apparteneva ai miei nonni materni. Scesi dall'auto e andai a posare le borse nella stanzetta che mi era stata riservata. C'era una puzza tremenda di chiuso e le finestre erano impolverate.

Erano le 14:00. Dopo aver aiutato mia mamma a sistemare tutto, (mio padre era già andato alla ricerca di qualche bar per ubriacarsi) andai a sedermi sulla piccola altalena mezza rotta che dava sulla strada. Fu in quel momento che un furgoncino marrone pieno di disegni fatti con le bombolette spray sfrecciò davanti alla nostra casa, facendo volare tutte le sterpaglie che inevitabilmente mi finirono addosso. "Che razza di imbecille", pensai.

Mi ripulii frettolosamente con le mani e andai in casa a fare una doccia.

Arrivò l'ora di cena e mio padre non si era ancora fatto vivo. Alla faccia delle vacanze in famiglia.

Alle 21:00 si presentò a casa, barcollando. Puzzava di alcol e sembrava molto infastidito. Mi disse: << Amy! Allora? Ti avevo chiesto di portare la maglia verde, non l'hai fatto eh? Vero? Neanche quella marrone! E le scarpe nuove? Non hai messo niente di quello che ti ho detto mentre facevi la valigia! Razza di stupida! >>.

Stava delirando. Cercai di farlo tacere ma lui continuava ininterrottamente con le sue stronzate, quindi presi la borsa e uscii di casa.

Dopo aver girato l'angolo mi resi conto che, effettivamente, non avevo idea di dove andare, << Io a casa non ci torno. >>.

Camminai per un po', Aberdeen era un posto tranquillo ed io in 16 anni ero abituata a dover uscire di casa sia per cercare mio padre, sia per scappare da lui. Delle volte mi spaventava davvero molto.

Mentre camminavo scrutai in lontananza un furgoncino. Si, era proprio quello che nel pomeriggio aveva fatto volare le erbacce addosso a me. Decisi di avvicinarmi per vedere chi fosse quel pazzo che guidava cosi velocemente.

Il furgoncino sostava dove non si dovrebbero vedere furgoncini, ossia sull'erba vicino ad un ponte, Come ci era arrivato lì con un furgoncino di quelle dimensioni rimane un mistero. Ad un tratto sentii una voce provenire da sotto il ponte e mi nascosi dietro al mezzo. Dai finestrini vidi due ragazzi.

Uno era magro, magrissimo,e con i capelli biondi. L'altro era di corporatura robusta e dai capelli castani, sembrava molto alto.

Li fissai per un paio di minuti, ma ad un tratto il biondo smise di sorseggiare dalla lattina che aveva in mano e guardò nella mia direzione. Cercai di nascondermi ma lui urlò: << Ehi! Chi sei? >>. Oh cavolo.

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e ora? Cosa potevo fare? Le possibilità erano due: scappare via e risultare una pazza o uscire fuori e urlare << EHI TU! Con la tua guida folle mi hai riempito i capelli di erba secca e rametti questo pomeriggio! >>. Ma, mentre ero assorta nei miei ragionamenti, mi resi conto di essermi già spostata da dietro il furgoncino e di trovarmi di fronte a quei due. Le uniche cose che riuscii a balbettare furono: << ehm... eeeehhmmm.... Io sono.... Amy. >>. Non so perché ma credevo che uno dei due mi avrebbe attaccata chiedendomi che diavolo ci facessi dietro al loro furgoncino, ma subito il ragazzo biondo mi disse: << Io sono Kurt! >> , e subito dopo l'altro continuò dicendo: << Ed io mi chiamo Krist... Che ci fai qui a quest'ora? >> . Non mi sembravamo due brutte persone, così decisi di avvicinarmi. Ora potevo osservarli bene.

Kurt aveva degli occhi azzurri cielo che spiccavano in uno viso pallido e segnato da una lieve tristezza. Sembravano due fulmini che danzavano in un cielo troppo nuvoloso da tempo. Aveva dei capelli biondi e lunghi fino alle spalle disordinati e non molto curati, ma infondo gli stavano bene. Era molto magro e indossava una maglietta e dei pantaloni fin troppo larghi per la sua esile corporatura. Krist invece era altissimo, un gigante, ed aveva un fisico robusto ma adatto alla sua altezza. Aveva gli occhi e i capelli scuri, il suo viso ispirava allegria. Indossava dei jeans stappati e una maglietta nera aderente con una scritta sul petto. Sembrava molto simpatico. Dissi loro che ero uscita di casa perché mio padre era in uno dei suoi tanti "momenti no" e che in questi cosiddetti "momenti no" era meglio non stargli attorno. Capii dai loro occhi che avevano compreso la situazione, come se l'avessero vissuta anche loro, almeno una volta. Dopo un breve silenzio Krist mi offrì una lattina contenente una bibita presa fra le tante lattine che si erano portati dietro.

Ad un tratto Kurt mi disse: << Scusami per oggi. >> Io risposi: << Non importa, e poi quelle sterpaglie sono di certo più pulite della casa in cui dobbiamo stare... >> Parlammo un po' di Aberdeen, mi raccontarono molte cose sulla città e notai che si soffermarono di più sugli aspetti negativi, finimmo altre tre o quattro lattine e poi ad un tratto mi invitarono ad andare ad un loro live che si sarebbe tenuto l'indomani sera in un pub. Quindi suonavano in una band... Mi riaccompagnarono a casa con il furgoncino e mi diedero un'altra lattina e si offrirono di venirmi a prendere il giorno seguente prima di andare al locale. Mi avevano fatto una bellissima impressione.

A casa trovai mia madre seduta al tavolo della cucina con una tazza di caffè e latte che mi aspettava. Non riuscii a dirmi nulla, tranne un "mi dispiace". Odiavo quando era lei a chiedermi scusa, lei che non aveva fatto nulla. Non le risposi e andai in camera mia, appoggiai la borsa su una sedia di legno posta vicino ad una piccola scrivania e pensai: "Forse questa non sarà una vacanza del tutto noiosa... Vedremo domani". A quel punto mi buttai sul letto, senza rendermi conto che nessuno si era degnato di cambiare le lenzuola. Al mio impatto con il letto, una nuvola di polvere si alzò dalla coperta e iniziò a fluttuare in aria.

Perfetto, andiamo a fare un altra doccia...

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Quella mattina fui svegliata da un tuono che sembrava quasi una bomba schiantatasi al suolo.

Accesi il cellulare: erano le 9:30. Feci uno sbadiglio e mi rigirai piuttosto assonnata nel lenzuolo stropicciato. Era un'estate dalle temperature piuttosto basse... Guardai per un po' la finestra. Le gocce di pioggia sembravano come degli animaletti impazziti che cercavano di fuggire in tutte le direzioni possibili. Un po' come quando sei in macchina e le gocce sembrano voler scappare dai tergicristalli perché se il tergicristallo le prende, per loro è la fine. “Che brutta la vita della goccia d'acqua.” pensai.

Andai in cucina, presi qualche biscotto e una tazza di caffè e latte e poi tornai in camera per chiamare Francesca. Fra era la mia migliore amica, e volevo parlarle di Kurt e Krist. Dopo aver subito un inutile interrogatorio da parte sua su quanto fossero carini e se fossero fidanzati, staccai e andai a vestirmi. Non sapendo che fare durante il tempo che mi separava dalla serata al pub, mi misi a leggere e ad ascoltare la musica, precisamente i Led Zeppelin. Non mangiai neppure.

Alle 17:00 iniziai a rovistare nella valigia alla ricerca di un abbinamento perfetto per un live. Alla fine optai per un paio di Jeans strappati, una maglia a maniche corte nera e le mie adorate e sudicie Converse. Nulla di appariscente, proprio come me. Mi sarei portata una felpa dietro, perché anche se aveva smesso di piovere da poco, il tempo non prometteva nulla di buono.

Dopo molte altre ore passate ad annoiarmi, alle 21:00 il furgoncino di Kurt e Krist si fermò davanti casa nostra. Ne fui molto felice, erano venuti davvero! Stavo per uscire di casa quando mio padre, avendo visto il furgoncino dalla finestra, mi prese per un braccio urlando che non dovevo uscire di casa a quell'ora e che non dovevo fidarmi delle persone appena conosciute. Io, arrabbiata, urlai: << Beh, queste persone in tre ore mi hanno trattata meglio di quanto abbia mai fatto tu in 16 anni di vita! >>. Mi tirò uno schiaffo. Uno schiaffo in pieno viso. Poi lasciò ricadere il mio braccio vicino ai miei fianchi. Uscii di casa, ma non ero arrabbiata, ero delusa, estremamente delusa, ma cercai di non darlo a vedere. Kurt e Krist mi salutarono, erano molto entusiasti e non vedevano l'ora di suonare. Mi dissero: << Allora Amy! Pronta? >>. Risposi, facendo finta di essere entusiasta come loro: << Non vedo l'ora!... >> Nel furgoncino c'era un altro ragazzo, era il batterista, ma sinceramente non ne ricordo neppure il nome.

Arrivammo al locale, loro si dovevano esibire dopo un altro gruppo. Quando fu il loro momento ed iniziarono a suonare, notai con sorpresa che Kurt cantava e suonava la chitarra e Krist il basso. Le persone presenti reagirono molto bene, erano piaciuti moltissimo, e devo dire che anche a me sembrarono molto bravi. Sentivo che avrebbero fatto strada, ma forse era troppo presto per dirlo. Dopo la fine dell'esibizione e delle urla esaltate di coloro che sicuramente erano diventati dei fans, Krist e il batterista scesero dal palco e andarono dritti al bar a bere qualcosa. Kurt invece andò ad una macchinetta per prendere del tè caldo. Aveva urlato molto, fino a perdere la voce.

Dopo la fine della serata Kurt si offrì di accompagnare tutti a casa. Prima il batterista, poi Krist e poi... E poi andammo al ponte.

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<< Abbiamo suonato così male? >>

Gli occhi di Kurt mi guardavano come quelli di un bambino piccolo alla vista delle candeline sulla torta di compleanno. Cercano di capire come spegnerle, ma molte volte le toccano con le manine ingenue e si fanno del male. E Kurt stava facendo proprio così con me; stava cercando di capire che cosa avessi, ma aveva paura di chiedermelo apertamente, quindi preferiva non fare nulla per non “bruciarsi”.

Feci una risata breve a finta, poi dissi: << No, magari fosse questo... >>

Gli raccontai di mio padre, dal principio fino ad arrivare allo schiaffo poche ore prima ricevuto.

Era bello parlare con lui, taceva ma sapeva ascoltare benissimo. E mentre ascoltava non distoglieva lo sguardo da me, come per non voler perdere neanche una parola del mio discorso.

Dopo che ebbi finito ci fu un attimo di silenzio. Fu in quel momento che mi guardai attorno: sotto quel ponte, davanti a noi, scorreva un corso d'acqua sporchissimo, e il ponte era pieno di scritte e disegni. C'erano molti rifiuti, ma a nessuno importava niente. Tutto sommato però quel posto riusciva a trasmettere tranquillità.

Ad un tratto Kurt smise di giocare con dei fili d'erba e mi disse: << Io vengo sempre qui se voglio stare tranquillo... Oppure vado da Krist. L'altro giorno abbiamo distrutto una sua collezione intera di vinili che ormai non gli piacevano più. È stato divertente, dovresti provarci. >>

E poi mi sorrise. Di getto mi venne da rispondergli: << Si, dovrei romperli in testa a mio padre, tutta quanta la collezione. >>

Iniziammo a ridere come due stupidi, anche se la cosa non era poi così divertente.

Ad un tratto gli chiesi: << Chi vuoi diventare? >>

A quella domanda gli occhi di Kurt ritornarono a guardare verso il terreno ancora umido per via della pioggia. Forse non sapeva neppure lui cosa volesse diventare. Mi disse: << Voglio fare musica... >>

E basta, ma dopo questa sua affermazione potevano esserci molte altre frasi come conclusione del suo pensiero. Potevano esserci dei ma, potevano esserci dei perché, oppure poteva non esserci nulla.

Quel ragazzo era dannatamente enigmatico, involontariamente riusciva ad attirarti a lui. Chiacchierammo ancora molto, ascoltammo i Melvins (uno dei suoi gruppi preferiti) e poi mi riaccompagnò a casa.

Dopo avermi fatto scendere dal furgoncino mi disse: << Amy, spero di rivederti, non cambiare per nessuno, capito ragazza? >>

Poi chiuse la porta del furgoncino per me, mise in moto e se ne andò facendo un cenno con la mano dal finestrino per salutarmi.

Le sue parole avevano smosso qualcosa in me. Forse in quel momento mi resi conto di valere un po' di più di quanto pensassi.

Quel ragazzo era particolare. Era pieno di talento, era destinato a diventare qualcuno di famoso, lui e Krist avrebbero fatto successo. Ero sicura che fra pochi anni li avrei visti su una copertina di qualche giornale famoso. Eppure è strano, erano due ragazzi normalissimi. Kurt non si sarebbe mai e poi mai abituato a dover gestire così tante persone che sarebbero entrate prepotentemente nella sua vita, ne ero sicura... Sembrava in equilibrio su un filo sottilissimo sotto al quale bruciavano le fiamme dell'inferno. Un suo inferno, fatto di paure, sogni infranti e aspettative deluse.

Ah, sperai proprio che Krist non diventasse ancora più alto.

A parte gli scherzi, alla fine di tutto ciò una cosa fu certa, Kurt si ricordò di me per un po', anche perché scordai la mia felpa sul sedile del furgone.

Primo concerto del tour di Nevermind: AMY? PRESENTE E IN PRIMA FILA! EHI TU, PAZZO ALLA GUIDA DI QUEL FURGONCINO SCASSATO, URLAVI E SUONAVI COSÌ MERAVIGLIOSAMENTE CHE NON MI HAI NOTATA.


Ciao Kurt.

E grazie di tutto.


Questa era una breve storia su una ragazza di nome Amy. Mi piace pensare di essere stata lei in una vita precedente ahahahah Spero vi sia piaciuta! Fatemi sapere :)



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